Marta Zacchigna

Sono cresciuta in una casa – anzi, in diverse case – dove l’idea di parete era una successione infinita di agglomerati di carta con un titolo scritto in verticale. C’era la parete di mia madre con diversi manuali di sociologia e pedagogia ma anche i gialli di Simenon, i romanzi della Munro, e qualche grande classico politicamente impegnato tipo il capitale di Marx; e poi c’era quella di mio padre che raccoglieva svariati testi di Storia Medievale, Filosofia ma anche delle collezioni Adelphi che, devo dire, avevano una resa estetica incredibile. Una strada segnata? Forse. Inutile dire che quando mi annoiavo mi si metteva in mano un libro e mi si diceva “ecco qui”.

Dopo le scuole Medie mio padre entra in camera mia e mi dice: “Tu farai il Liceo Classico, così abbiamo deciso”. Non mi dispiace l’idea finché non realizzo che devo imparare un nuovo alfabeto e passare i miei pomeriggi a tradurre una lingua morta dove una parola ha più o meno quattrocento significati diversi. Mi si dice che il latino è importante perché permette di rintracciare il significato originario di qualsiasi parola. Diciamo che non è una notizia che a sedici anni ti rende così eccitato ma era già troppo tardi. Non so come sono uscita viva da quell’esperienza durata ben cinque anni. Deve avermi salvato la discoteca la domenica pomeriggio, le fughe d’Amore e la scuola di danza.

All’Università scelgo la Facoltà di Lettere e Filosofia. I test per l’orientamento sono chiari: “La ragazza non riesce a fare una divisione a due cifre meglio scegliere il campo umanistico”. Scelgo il Corso di Laurea in Discipline del Cinema, per cui mi auto-somministro tutti gli esami tradizionali dove rassicuro mio padre con una serie di sudatissimi 30 e lode, per poi dedicarmi a quelli di storia del cinema: tra i 18 e i 25 anni mi sparo una quantità incalcolabile di titoli tra cinematografia americana, europea ed asiatica e mi faccio un sacco di amici. Si discute di espressionismo tedesco, nouvelle vague francese, classici hollywoodiani, cinema horror, neorealismo italiano anni ’60.

Finita l’Università decido che voglio andare a Milano, dove succedono le cose. Partecipo ad un concorso che mi permetteva di partecipare gratuitamente ad un Master in Scrittura Creativa e Copywriting perché volevo scrivere per il cinema e da qualche parte dovevo iniziare. Lo vinco. Imparo a tutti gli effetti un mestiere, vinco le gare, scrivo un libro divertentissimo sulle dinamiche folli della città meneghina (trova persino pubblicazione!) e mi bevo tutta la Milano a sorsate come si fa con un Martini Dry.

Finito il Master mi chiama un’importante agenzie milanese. Inizio a lavorare. In quell’epoca scrivo anche per una rivista culturale e divento giornalista pubblicista. Non solo guardo i film, ma anche li recensisco! Un’ossessione praticamente.

Nel 2011 torno al mare e da Milano rientro a Trieste dove inizio a lavorare come content writer freelance per diverse agenzie, aziende e privati. Nel 2024, in un momento di crisi mistica, mi ricordo delle lezioni di Filosofia del Liceo: non sono l’unica a farsi domande sul significato della vita. Qualcuno è venuto prima di me. Buona notizia.

Mi iscrivo alla Laurea Magistrale in Filosofia appassionandomi in particola modo di filosofia antica. Ora sì che mi rendo conto di cosa significa conoscere il greco e rintracciare l’origine di una parola in un nano secondo. Non che me ne vanti eh, ma almeno quei cinque anni son serviti a qualcosa.

Inutile dire che oggi anche le mie pareti sono piene di libri, oltre che di polvere, ma come potete intuire, non parlano tutti solo di comunicazione o marketing: ci sono i manuali sul copywriting, ma anche le lezioni americane di Calvino, i tomi di D.F. Wallace ma anche i fumetti di Dylan Dog, il codice dell’Anima di Hillmann ma anche la storia del cinema horror, e a volte penso che è grazie ai sentieri laterali che ho camminato che oggi scrivo come scrivo. Per questo non mi chiedo solo come convertire, come sfruttare l’algoritmo, come scrivere una CTA che funzioni, e quale è il target di riferimento, questo è mestiere, scrivo perché ogni brand possa trovare, come me, la sua Storia unica e irripetibile, e affezionarsene a tal punto da volerla raccontarla al mondo intero, con le migliori parole possibili e con il suo timbro di voce.

E ora, le cose serie.

 

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