
Scrittura testi. Meno parole più valore.
Ognuno di noi ha un incubo legato alla Scuola di cui non si è mai liberato. Il mio era la scrittura testi o meglio la sintesi del testo. Quando sul mio diario c’era scritto per domani sintesi del testo, io prendevo il mio termometro al mercurio lo attaccavo alla lampadina e lo portavo a 39 gradi per fingere un febbrone devastante. No vabbè, salto le prime due ore di italiano.
Dover fare la sintesi per il giorno dopo significava essere tristi già dal dopo pranzo, rinunciare ovviamente a qualsiasi attività pomeridiana, tipo ciao giro con le amiche. Ogni dormita sul divano era con senso di colpa se dovevi fare la sintesi. E poi c’era mia madre che controllava il diario e mi diceva “hai fatto la sintesi?” E le compagne di classe che ti telefonavano “Me la passi? cambio qualche parola dai… non mi ricordavo che era per domani”.
La mia insegnante di italiano ce ne dava di continuo. Era appassionata di sintesi e diceva sempre “Ricordate ragazzi! La sintesi non è togliere delle frasi qua e là!”
Quindi prima leggevo il testo e grondavo noia, cercavo di capire il senso e poi iniziavo con queste trascrizioni piene di errori, cancellature, sbianchettamenti. Alla fine saltavo la cena perché la concentrazione mi toglieva lo stimolo della fame. Inoltre dovevo sempre ricopiarla la sintesi, quindi altre ore tolte al sonno: era praticamente impossibile che venisse bene al primo colpo.
Avevo le meningi bollenti ed ero anche parecchio perplessa: perché bisogna fare la sintesi di una cosa? E perdere ore a cambiare il verbo, cancellare un aggettivo, rileggere mille volte e sforzarsi che il senso rimanesse intatto. A chi serve la sintesi? Fuori c’è il sole e ho tutta una giovinezza da vivere, pensavo. Che frustrazione.
Prendevo sempre un buon voto devo dire anche se di tanto in tanto non chiudevo le parentesi, lasciavo subordinate a metà, mettevo due doppi punti di fila. Insomma cose che fanno decisamente orrore.
Il fascino discreto della sottrazione
Quasi un ventennio dopo, quando ho iniziato il lavoro da Copywriter, ho decisamente rivalutato questo allenamento. E ho quasi avuto nostalgia per quei pomeriggi di corsivo infinito dove barravo parole per scriverne sopra altre (illeggibili), e ho ricordato con affetto la mia Maestra che in fondo ci aveva fatto del bene ammazzandoci di sintesi del testo.
Credo si tratti di questo. Aver capito quale straordinario esercizio intellettuale fosse questa capacità di ridurre o allungare un concetto a proprio piacimento, di danzare nel senso e con il senso, ammaestrandolo come. Così piano piano ho capito: cosi poco sforzo per aggiungere e cosi tanto sforzo per togliere?
Scrivere è riscrivere
Da lì ho imparato che il copywriting non è tanto un lavoro di scrittura quanto di riscrittura e, appunto, di sintesi concettuale, ma soprattutto la qualità dei testi di un copywriter professionista risiede proprio in questa capacità di togliere e rielaborare nei punti giusti inseguendo l’aderenza al senso ma rimanendoci dentro sempre per approssimazione, come una funzione che tende a infinito.
Portare a riduzione un concetto mantenendone inalterata l’efficacia attraverso la ricchezza della lingua e la malleabilità della sintassi è ormai il mio lavoro quotidiano, ma non avrei mai creduto che avesse anche dei risvolti poetici.
Il paradosso nella scrittura testi
Esiste dunque questa sorta di paradosso nella scrittura testi. Se da una parte è vero che il bravo copywriter è quello che scrive tanto e anche vero che è quello che sa dove e come togliere. La reale competenza nello scrivere testi è proprio questa facoltà di sapere che meno solo le parole usate più queste hanno valore. E più hanno valore e più devono essere esatte. E più sono esatte è più sarà affascinante e difficile mantenere in vita il senso.
Trovare un naming ad esempio è ridurre una storia intera a un unico nome. Un titolo che può essere composto da cinque sei o sette parole, è una sfida incredibile se pensiamo che il lettore darà un peso enorme ad ogni singola parola. In un paragrafo di testo, in una landing page, si dovrà soppesare ogni virgola. E poi c’è la questione della musica: la sintesi deve trovare un suo ritmo.
Il Copywriter meno scrive, più deve pensare
Scrivere un testo è un allenamento costante alla scelta. Non si può stare a metà. Per scrivere è necessario decidere le sorti di ogni singola parola. La uso? La tolgo? La sposto? La sacrifico per un’altra? La sostituisco?
Questa è la ragione per cui un naming costa più di una scheda con descrizione prodotto.
Quando ho ideato il nome per la lampada MAGNET. VERSATILE LIGHT ho avuto notti insonni. Mi chiedevo come si potesse in tre parole dire che si trattava di un corpo che emetteva luce (il design non lo rendeva così immediato), che la luce veniva generata da un fenomeno magnetico (due teste rotanti insieme provocano l’accensione) che il modulo si poteva staccare e riattaccare su vari supporti e diventava una sospensione, una torcia, una lampada da tavolo.
Dopo svariati studi ho presentato al cliente tre parole in un ordine che ritenevo soddisfacente. MAGNET perché l’originalità della lampada era nell’accensione magnetica, VERSATILE perché grazie all’accensione magnetica che si attua per rotazione il corpo luce poteva essere staccato e riattaccato ad altri supporti, LIGHT perché ricordava a tutti che si trattava in definitiva di una luce, di qualcosa che non era solo un oggetto di design ma anche un oggetto con una sua utilità.
Nessuno sa quanti appunti hanno girato per la mia scrivania prima di arrivare a questa soluzione. Tre semplici parole.
Insomma, un sentito grazie a Marina, la mia maestra, per avermi massacrato i pomeriggi per un nobile motivo.
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